Western States 2012 Parte Seconda


Apro gli occhi qualche minuto prima della sveglia, e nel buio della tenda, con MC che dorme ancora, lascio andare la mente: 100 miglia attraverso la Sierra Nevada, una giornata intera solo con i miei pensieri sui sentieri. E' per questo che sono venuto fino qui, e adesso non vedo l'ora di poter finalmente correre.

Non sono neanche le quattro, ma tutto il campeggio è in movimento: smontiamo la tenda, ritiriamo sacchi a pelo e resto dell'attrezzatura e montiamo in macchina. Dieci minuti e siamo a Squaw Valley. Sosta bagno poi ci infiliamo nell'Olympic Center pieno di corridori, familiari e crew. Ci sediamo ad un tavolo, vado a prendermi il pettorale e la colazione e poi comincio a prepararmi come tutti gli altri runner famosi e meno che ho intorno. C'è Nick Clark che chiacchera con Krissy Moehl e Darla Askew, l'ambiente è molto rilassato, ma inizia a sentirsi la tensione del pregara. Io mi impomato i piedi, MC mi attacca il numero ai pantaloncini, infilo in tasca i sali e due gels, poi viene il dilemma: come mi vesto? Le previsioni danno addirittura pioggia e freddo, specie nel primo tratto, ma non è che saranno i primi 10 km e poi muoio dal caldo? Non voglio usare lo zaino, per una volta che posso, voglio correre solo con le due borracce, quindi manica lunga di lana e poi mi cambio a Robinson Flat. Però fuori albeggia, non sembra così tragica, facciamo manica lunga leggera di Patagonia e via.
L'emozione adesso è davvero tanta, MC mi riempie le borracce ed io ho ancora un attimo per me: infilo l'I-Pod e faccio partire gli M83, visualizzo la pista d'atletica, è lì che devo arrivare. Poi guardo l'orologio e vedo che la gente inizia a muoversi, mancano quattro minuti e usciamo.

Preparativi
Cervello in pappa

Non c'è fanfara, niente musica, mi metto dietro buono buono e saluto MC. Quando manca mezzo minuto Gordy fa il suo solito discorso di augurio e poi scandiamo i dieci secondi e via tra la gente.
Ok, ci siamo: è come se si chiudesse una porta e se ne aprisse un altra. Via pensieri, dubbi, timori, entra in scena la modalità viaggio, dove la concentrazione va nella gestione di gara, nell'economia delle forze e nel godersi il momento.
La prima salita ci porterà al Watson Monument, il punto più alto del percorso, 2900 metri. Si sale per le piste da sci su sterratoni belli larghi, alterno camminata veloce a pezzi di corsetta recuperando posizioni e cercando riferimenti tra la gente che ho vicino, ma è ancora prestissimo per cercare un ritmo continuo. A circa tre quarti di salita c'è la prima aid station: primo gel dal tavolo, un sorso d'acqua e via, c'è uno strappo ripido e trovo un gruppo con un andatura che mi piace. In testa c'è Meghan Arboghast, seguita da un altra ragazza che sta tirando decisa: capisco che sono un po' sopra il ritmo giusto e quando riprendono a correre nel falsopiano, rallento un po'continuando con la mia camminata veloce.



Nel frattempo abbiamo raggiunto le nuvole e c'è parecchio vento: la temperatura cala, ma è ancora accettabile.
Davanti a me Scott Mills, recordman del percorso over 60, qualcuno mi ha detto che se voglio stare dentro le 24 ore, la referenza è lui. Lo seguo per un po', e mentre chiacchera con un compagno rubo qualche dritta, poi li passo perchè voglio sbrigarmi a raggiungere la cima, ora piove con vento e per qualche strano ragionamento (la mente in un ultra è capace di tutto) sono sicuro dall'altra mi aspettino condizioni migliori.

Arrivo al Watson Monument che c'è una vera e propria bufera, la pioggia è diventata nevischio ghiacciato che arriva orizzontale e rende il lato sinistro del corpo inutilizzabile: dall'altra parte del passo però... è ancora peggio!
Ringrazio la provvidenza di avermi fatto mettere i guanti, e spero che andando avanti le cose migliorino. Effettivamente, dopo un lungo traverso esposto, entriamo finalmente nel bosco ed il vento ci da tregua. Procediamo in fila indiana su sentiero bellissimo, l'unico cruccio sono queste nuvole basse che mi impediscono di vedere il paesaggio della Sierra Nevada. Sono i primi chilometri di un avventura lunghissima, la mente lavora per cercare di levare pressione, mantenendo attenzione sui gesti ripetitivi della corsa: è il momento in cui le aspettative si mescolano con il timore di sbagliare approccio.

Il sentiero è un continuo saliscendi, e i sorpassi sono abbastanza complicati nonostante siano tutti gentilissimi (chi aveva dei dubbi?), finchè non entriamo in una sterrata e la fila indiana si rompe: c'è chi accellera deciso e chi rifiata un po', io ed altri due o tre decidiamo per la sosta bagno. In pochi minuti siamo al ristoro di Lyons Ridge: mi aspettavo pochissima gente perchè passa per essere remoto, invece ci sono una marea di volontari ed anche qualche spettatore. Ho il mio primo impatto con l'organizzazione WS: una signora mi si avvicina, mi prende le borracce e mi chiede cosa ci voglio dentro. Mentre afferro due gel ed una presa di arachidi salate (per golosità pura, giusto perchè le ho viste lì), riempie, chiude, pulisce ed è pronta a ridarmele appena accenno a riprendere. Il tutto con sorriso ed augurio di buona corsa. Appena uscito un signore in bici mi dice “Nice shirt” guardando la mia t-shirt con un pesce stilizzato e mentre sorrido mi lancia il primo di una lunghissima serie di “Good job man, looking good!”.
Mi piace questa corsa.

Si risale, e non è male, anzi. Double track che sale nel bosco, qui c'è vegetazione bassa, qualcuno passa, qualcuno viene raggiunto ma iniziano a formarsi dei gruppetti. Continuiamo a seguire la cresta, dopo un po'ricomincia a piovere ed in poco tempo sono zuppo. Finalmente, nella nebbia vedo spuntare Cougar Rock, non ho neanche il tempo di emozionarmi perchè tra pioggia e nebbia è meglio tirare dritto.

Cougar Rock

Ho davanti un ragazzo vestito da testa ai piedi Salomon ed un altro, li raggiungo in salita e dopo un po' inizio a parlare con il testimonial Salomon: si chiama Dalius, è lettone ma vive a Reno. E' molto simpatico e gli fa evidentemente piacere parlare: conosce benissimo il percorso anche se è alla prima WS. Mi dice che lo ha provato con John Trent due mesi fa e John gli ha confidato che in 9 edizioni (sta correndo per la decima) non ha mai visto una nuvola: mancavo io evidentemente. Vedo che sulle borracce ha le tabelle coi passaggi: mi chiedo come sto andando, e quando Dalius mi dice che punta ad arrivare tranquillo fino Robinson Flat per poi vedere se riesce ad accellerare per arrivare alle 21 ore, mi rincuoro ed allo stesso tempo mi rassegno a vederlo sparire presto. Rientriamo nel bosco e dopo poco arriva Red Star Ridge: prima della AS due ragazze mi chiedono se ho la drop bag. Si, ma avevo dentro solo lo smanicato da mettere perchè qui inizia a fare caldissimo di solito, oggi non so che farmene, quindi dico loro che non mi serve. Breve stop ed io e Dalius ripartiamo. In discesa prende solitamente terreno, ma in salita riesco a recuperare, e dopo un po' incrociamo il suo amico messicano che chiamano Jesus, praticamente un Krupicka versione mariachi, che purtroppo zoppica vistoisamente. Siamo in discesa fantastica tra tornanti nel bosco, peccato che abbia ricominciato a piovere pesante, sono zuppo e le mani sono sempre fredde, Dalius mi assicura che manca poco all'AS e lì troveremo finalmente brodo caldo. Iniziamo a sentire urla e tifo e sbuchiamo a Duncan Canyon.


Assistenza WS style, Duncan Canyon
Non si ringrazia con la bocca piena!




















C'è così tifo e caos che mando giù un gel, mi riempiono le borracce, ma riparto senza prendere un altro gel (poco male, ne ho altri due nella borraccia) e soprattutto appena Dalius mi raggiunge mi ricordo anche del brodo caldo. Vabbè, pazienza, almeno mi sono ricordato di ringraziare i volontari, fantastici. Il sentiero scende deciso, Dalius inizia la sua rincorsa e lo devo lasciare andare, non voglio assolutamente strozzarmi. Vado bene, nessun grosso problema, ma siamo quasi a 40 km, le gambe iniziano ad appesantirsi. Guadiamo un fiume e poi si risale: sulla salita speravo di recuperare terreno, ma qui non riesco a riavvicinarmi e mi passa una ragazza che sta tirando decisa. Aumento un po'lo sforzo e dopo un po'riprendo Dalius che ha fatto pausa bagno. Mi chiede se ho qualcuno a Robinson Flat, gli rispondo di si e allora mi dice di allungare che poi riprenderemo fiato lì! E così lo seguo accellerando un po', sicuro che vedere MC sarà un iniezione di fiducia ed energie. Oltre a potermi finalmente cambiare.

Io ed il grande Dalius

Due o tre miglia prima della AS vediamo Tim Twietmeyer venirci incontro con aria preoccupata, dopo poco due medici e capisco cos'era tutto quel trambusto in fondo alla discesa, c'era una runner in difficoltà. Scoprirò dopo che era Kami Semick in crisi d'asma causata dalle condizioni difficili. Il sentiero si apre, raggiungo la biondina che ci aveva passato in cima alla discesa verso Duncan Canyon e poi finalmente Robinson Flat! Mi pesano e poi mentre mi avvicino al tavolo per prendere gel e farmi riempire le borracce vedo MC che mi chiama. Ha approntato una postazione superprofessionale: metto un paio di calze asciutte, applico la crema allo zinco e finalmente metto la t-shirt manica lunga di lana, che piacere. I guanti restano quelli bagnati, ma pazienza. Faccio con calma e se mi passano in tanti, amen, mi ci voleva. Riparto rinfrancato, anche se la stanchezza inizia a farsi sentire; corro bene, ma non riesco ad aumentare il ritmo, ed i quadricipiti iniziano a farsi sentire. E'un po'prestino forse, ma insomma, trenta miglia sono fatte e non è poco.

La gente a Robinson Flat...
Il bosco è fantastico, ma riprendere a piovere deciso, poi entriamo in uno sterratone che ci porta a Miller's Defeat. Sosta brevissima e via con un giapponese, si scende, ritmo costante e camminare.
...ed il ristoro
La pioggia ci molla, finalmente. Corriamo nel bosco, ora il percorso è un po'monotono, ma cerco di stare attento a continuare a mangiare, un gel ogni mezz'ora, e prendere sali ogni tanto, finchè in fondo ad una discesa non si sentono le grida di Dusty Corner. Ahhhh, anguria, gel e ripartire, finalmente all'asciutto. Corriamo su una jeep road in un bosco favoloso, inseguo una ragazza con delle calze fucsia, non riesco ad aumentare il ritmo ma tengo deciso, ed appena ci sono due strappetti un po'più lunghi in salita me ne vado. Non ne posso più, non vedo l'ora di buttarmi nei canyon, voglio salita, caldo e camminare. Però l'avvicinarsi di Last Chance mi mette di buonumore: vedo i resti del villaggio minerario, arrivo, mi pesano, saluto le mie vicine di tenda tutte contente e mangio anguria (che bontà in gara). Riparto convinto che di lì a poco iniziera la discesa e poi vai con la salita di Devil's Thumb. Invece entro in un sentiero a mezzacosta: splendido, per carità, ma bisogna correre decisi. Tutto dritto, sono solo oramai da un pezzo e la testa inizia ad andare in pappa: ma quando arriva sta discesa? Sento il fiume sotto, ma il sentiero continua dritto ed imperterrito, basta, adesso mollo e cammino un po', sono più di 40 miglia che vado. Ma proprio in quel momento un rumore avanti: runner ahead. E così invece di mollare aumento per arrivargli a tiro e farmi trascinare (una delle mie tecniche preferite, lo so che il 99% delle persone odia avere uno dietro, ma in guerra vale tutto).
Lo vedo lì davanti, ora fa caldo, ma è vestitissimo, non starà morendo di caldo? Poi lo raggiungo, ci salutiamo e vedo che è Simon Mtuy. 8 volte finisher, ex recordman del Kilimanjaro, pacer di Kilian nella sua vittoriosa WS... Insomma, sarà magari in crisi, ma allora non sto andando malissimo.
Due parole, è simpaticissimo, mi dice che amministra le forze che la gara è lunga ma io mi sento ok. Oltretutto vedo davanti altri due runners e finalmente inizia sta cavolo di discesa verso lo swinging bridge. Incredibile come un evento stupido possa cambiare la giornata, ma adesso sono rinfrancato. In discesa cerco anche di stare alle costole di un tizio bello lanciato e lo mollo solo nel finale quando finalmente mi avvicino al ponte.
Non fa così caldo da gettarsi nel fiume, ma abbastanza da levarmi la maglietta, legarla in vita, e via con sta famosa salita di Devil's Thumb.

Il passo è buono, recupero posizioni, passo Jenny Capel che sullo zainetto ha una foto bellissima di suo papà ad una WS degli anni '80 e salgo. Dopo circa mezz'oretta ecco la cima: si, dura, ma niente di così epico, in Europa siamo abituati ad altro. In cima c'è un po'di confusione, prendo dalla mia drop bag, due gel GU, pastiglie di sali che ora fa caldo e riparto un po' frastornato. Raggiungo due o tre persone, sono carico anche perchè penso che mi sto avvicinando alla metà, ma all'improvviso ZAC. Dolore netto al ginocchio, tragedia. Inizio a pensare se da qua ce la farò ad arrivare camminando, che comunque vada dovrò soffrire, e mentre sono nel delirio sbaglio strada seguendo lo stradone sterrato su cui siamo. Scendo per cinque minuti poi attimo di lucidità: non vedi le bandelle? Torna indietro, non fare cazzate. E così faccio, anche se risalire in questo momento mi costa fatica. Ma nel momento in cui ritrovo le bandelle al bivio mancato, capisco di essere ancora della partita, la testa funziona.
Pazienza se ho perso 15 minuti, pazienza se poi il sentiero incrocia comunque la strada che avevo preso, sono ancora bello lucido, io sta gara la finisco, anzi, la finisco bene.
Si scende in maniera graduale, qui non perdo terreno, anzi, inizio a recuperare gente ed in poco tempo siamo a El Dorado Creek: posto magnifico, in fondo al canyon. Spugnaggio, perchè adesso il caldo picchia duro, carico acqua e GU brew ghiacciate, e subito via. Si risale verso Michigan Bluff dove finalmente rivedrò MC. Il ginocchio fa male, ma gli metto il silenziatore. In salita spingo e recupero due persone, poi la strada spiana e vedo la croce con sopra le scarpe da corsa... Sono a Michigan Bluff!

Il mio arrivo a Michigan Bluff
Alive and kickin'
Lo speaker chiama il mio nome, e vedo MC davanti che mi aspetta: peso, pieno di gel ed esco da lei che ha preparato sedia e materiale per cambiarmi le calze. Fantastico relax, facciamo due parole, ma ora sto benissimo, mi impomato i piedi, cambio le calze e mi rinfilo le scarpe. Le do appuntamento a Foresthill e ricomincio a correre tranquillo in un gruppetto di persone, su una sterratona di terra rossa nel bosco magnifico. Vado tranquillo, al mio passo, che però adesso è sciolto e non più contratto come prima: scendiamo a Volcano Canyon e mi gusto già la salita a Bath Road che in tanti dicono comunque tosta. E salgo bene, c'è una fontana per i cavalli della Tevis dove immergo la testa e dopo poco JB Benna, il regista di Unbreakable, è sul percorso con un cartello magnifico con scritto YOU'RE AWESOME e mentre passo mi dice “Do you remember that?”. Sorrido e gli dico “Sure man!” convinto e un po' commosso, che grande.
Il sentiero finisce, vedo l'asfalto ed ecco Bath Road: c'è Chris ad aspettarmi! E'come se mi dessero una carica di energia improvvisa. Mentre mi riempiono le borracce mi dice che sto andando benissimo e mi chiede come sto. Gli dico del ginocchio che fa male, ma per il resto sto bene e so di avere ancora qualcosa da dire, ho energie da spendere. Ho mangiato in continuo, bevuto con attenzione, coi sali sono ok ed i piedi anche: difficile che vada meglio di così dopo 90 km circa. Riprendiamo in salita al passo perchè il ginocchio ulula dopo lo stop, ma va bene, passerà.

Quattro chiacchere al miglio 60
Ci accompagna anche un amico di Chris, poi un altro ed arriva anche Maria Carla di corsa. Sto alla grande, Chris mi dice che ho appena davanti Matt Keyes, come lo definisce lui “Auburn legend”, quindi sto andando benissimo. Riprendiamo a correre, mi dice di andare tranquillo, ma non riesco a fermarmi, sono in “high” totale.

Foresthill stiamo arrivando
Riconosco la strada fatta giovedì in macchina e sbuco a Foresthill in mezzo ad un mucchio di gente. Mi viene incontro anche Carey, il mio altro pacer, è esaltatissimo, ci abbracciamo e poi vado al peso, mangio anguria, e riparto verso la macchina. Due ali di gente, sono esaltato, saluto tutti, poi vedo Chris che si ferma e da la mano ad un tizio: è Tim Twietmeyer, un icona della WS, 25 volte sotto le 24 ore, cinque volte vincitore. Gli chiede come va il suo runner (me) e Chris risponde che vado alla grande, poi chiede a me se so chi è. Sticazzi se so chi è. Auguri di Tim e ci vediamo all'arrivo.

Sullo sfondo io che parto per il Cal Loop, di schiena con la canotta rossa il mio altro pacer Carey.
Ai lati, Foresthill madness.
Breve stop per prendere la frontale, Chris saluta la sua compagna di corsa che è venuta a vederci nonostante sia in carrozzina dopo un brutto incidente. Saluto Maria Carla, le dico che ci vediamo al fiume e poi svoltiamo verso il Cal Loop nel sole del tardo pomeriggio.

Comments

  1. grandissimo!!! Mi hai fatto il scherzone però. Dopo avere aspettato tutti questi mesi pensavo di leggere del tuo arrivo trionfale. Adesso mi rendo conto che c'é da leggere almeno una terza e forse anche una quarta parte. Che bel ambiente deve essere!!!

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  2. Cacchio Socio sei entrato nella storia dalla porta grande..è un'emozione leggerti, aspetto la 3..

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