Orsi
Metà aprile, mi trovo per lavoro nelle Tatran, la catena montuosa che segna il nordest della Slovacchia. Dopo tre giorni di incontri, riunioni e parole, ho bisogno di un momento per me stesso: vorrei sudare le birre e la Slivovica dei vari brindisi della sera prima, dovrei far ripartire le gambe dopo l'esperienza misticoallucinatoria del Trail dei Gorrei (magnifica gara, a proposito), ma soprattutto mi incuriosiscono le splendide montagne che mi circondano.
E così giù dal letto presto, bicchiere d'acqua per la bocca impastata, su pantaloncini, maglietta, giacchina e fuori nella nebbia umida. Per strada qualche lavoratore diretto verso i molti cantieri, quattro studenti che aspettano il bus e poco altro. Così mi incammino in salita e uscendo dal paese trovo un ritmo tranquillo e la classica sensazione di benessere e rilassamento. Mi scaldo, inizio a sudare e già l'occhio vaga per trovare qualche sentierino che porta nei magnifici boschi... quando mi vengono in mente le storie della sera prima sugli avvistamenti di orsi: da sempre abitanti dei boschi locali, nel periodo tardo primaverile si avvicinano alle case per cercare cibo dopo l'inverno. Tutto tra leggenda e realtà, eppure sarà l'isolamento, sarà il tempo uggioso, una volta arrivato al punto da cui partono veramente dei sentieri, mi sento quasi sollevato di notare, guardando l'orologio, che è ora di tornare in albergo. Voglio fare colazione, non essere la colazione di qualcuno.
Qualche giorno dopo torno in Italia, passo dai miei a salutare e ne approfitto per fare un giretto tra le colline. Fa caldo, c'è un sole fantastico, mi levo la maglietta e mi godo al massimo la quiete di boschi e vigne, è uno dei miei soliti giri in zona, vado a memoria e posso concentrarmi sullla falcata, ed appena trovo il mio ritmo la mente è libera di vagare.
E all'improvviso sono ancora nelle Tatran, il tempo è sempre uggioso e grigio, ma con un pizzico di eccitazione mi giro ed inizio a seguire uno di quei sentieri che si inoltrano nel bosco.
Semplicemente una delle ragioni per la quale, mi piace il trailrunning: superare barriere, andare verso luoghi nuovi, esplorare i propri limiti.
Into the unknown.
E così giù dal letto presto, bicchiere d'acqua per la bocca impastata, su pantaloncini, maglietta, giacchina e fuori nella nebbia umida. Per strada qualche lavoratore diretto verso i molti cantieri, quattro studenti che aspettano il bus e poco altro. Così mi incammino in salita e uscendo dal paese trovo un ritmo tranquillo e la classica sensazione di benessere e rilassamento. Mi scaldo, inizio a sudare e già l'occhio vaga per trovare qualche sentierino che porta nei magnifici boschi... quando mi vengono in mente le storie della sera prima sugli avvistamenti di orsi: da sempre abitanti dei boschi locali, nel periodo tardo primaverile si avvicinano alle case per cercare cibo dopo l'inverno. Tutto tra leggenda e realtà, eppure sarà l'isolamento, sarà il tempo uggioso, una volta arrivato al punto da cui partono veramente dei sentieri, mi sento quasi sollevato di notare, guardando l'orologio, che è ora di tornare in albergo. Voglio fare colazione, non essere la colazione di qualcuno.
Qualche giorno dopo torno in Italia, passo dai miei a salutare e ne approfitto per fare un giretto tra le colline. Fa caldo, c'è un sole fantastico, mi levo la maglietta e mi godo al massimo la quiete di boschi e vigne, è uno dei miei soliti giri in zona, vado a memoria e posso concentrarmi sullla falcata, ed appena trovo il mio ritmo la mente è libera di vagare.
E all'improvviso sono ancora nelle Tatran, il tempo è sempre uggioso e grigio, ma con un pizzico di eccitazione mi giro ed inizio a seguire uno di quei sentieri che si inoltrano nel bosco.
Semplicemente una delle ragioni per la quale, mi piace il trailrunning: superare barriere, andare verso luoghi nuovi, esplorare i propri limiti.
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