UTMB 2011 - Parte prima
Ecco fatto, bello lungo, anzi lunghissimo, tanto da doverlo dividere in due. A chi avrà la pazienza di leggerlo, dico che anche 32 ore e rotti per sentieri sono lunghe. Abbiate pietà.
Per raccontare il mio UTMB,
bisognerebbe partire dalle uscite nei mesi precedenti, dai tramonti
visti dal Richelieu o Genova illuminata di notte dal Fasce.
Bisognerebbe tornare alla mattina in cui aprendo il computer mi sono
visto ISCRITTO tra i partecipanti, o al momento in cui appena finita
la CCC mi sono chiesto come sarebbe stato fare tutto il giro.
Perchè una gara come l'UTMB è
difficile ridurla ad una semplice competizione: complice sarà tutto
il circo dei media, complice sarà il suo status di “mito” tra le
gare europee (meritato o no, questo è un altro discorso), io ci
metto anche quella montagna grande e severa che stà lì in mezzo...
Per me è stato un bellissimo viaggio durato nove mesi, fatto di
alti, bassi, paure, timori, emozioni e bellissimi momenti condivisi.
Il primo contatto con Chamonix è
mercoledì: riesco a trovare un passaggio con Fulvio, Andrea ed altri
due amici per andare a ritirare il pettorale e poi tornare a Ivrea,
così riesco ancora a dormire da Maria Carla e fare un bel sonno
tranquillo. Un po'di disguidi in partenza (Beppe... Lo zaino!!!) ma
arriviamo a Cham per mezzogiorno. L'atmosfera è già bella calda, un
sacco di gente, giapponesi in giro, ma quelli non sono Roes e Dakota
Jones? Gli altri si avviano al ritiro pettorale, io faccio una
scappata al SuperU sotto all'Alpina, devo prendere un paio di guanti
per i piatti per ovviare al punto “guanti impermeabili” della
dotazione obbligatorio. Fulvio e Andrea non mi danno credito, ma
tant'è, dopo un po'di coda tocca a me. La benevole mi chiede il
materiale punto per punto, mi manca il cappellino, ma ci metto quello
che ho in testa. Ai guanti da piatti non batte ciglio e lo stesso ai
miei sovrapantaloni Montane, che proprio impermeabili non sarebbero,
comunque passo. Mi manda avanti e finalmente il pettorale. Stringono
il chip al polso, chissà perchè è un momento che mi emoziona.
Sacco per Courmayeur, magliettina e raggiungo gli altri. “Ma allora
te li hanno passati davvero i guanti?” “Ma ti dico di sì, la
maggior parte della gente li aveva!”: rimangono perplessi di fronte
ai loro sopraguanti da ghiaccio per poi scoppiare tutti a ridere.
Birretta in centro, discorsi di corsa per stemperare un po'la
tensione e si ritorna a casa.
Dormo tranquillo, faccio colazione con
calma e poi inizio a preparare tutto il materiale, giro, rigiro,
metto, tolgo e piano piano iniziano le farfalle nello stomaco. Butto
un occhio al live della TDS: Andrea è partito bene, Fabio Menino sta
andando fortissimo. Io, tanto per darmi una calmata, prendo la bici
di Janpo e vado a fare un giretto. Doccia, pastasciutta da carbo-load
e finisco di preparare lo zaino, la sacca per Courmayeur, lo zaino da
lasciare a Maria Carla, e la roba da portare via. Metto i materassini
nel van e sono pronto a partire.
Scene da psicoanalisi: materiale indossato e nello zaino in partenza (in realtà ho cambiato giacca e aggiunto una termica leggera)... |
...ed il materiale nella sacca di Courmayeur! |
Un ultimo sguardo alla TDS, Fabio si
è dovuto ritirare, Andrea ha avuto un po'di calo, ma so che è una
roccia, ha ripreso deciso ed è in ottima posizione. Il meteo...
Mmmmh quello non è esaltante, dà forti temporali per la notte di
venerdì: ci risiamo? Sono le tre, controllo che il gatto sia fuori,
chiudo casa di Maria Carla e parto. Mando un messaggio a Marco che è
dalla sua ragazza ad Aosta e ci incontriamo per un gelato in
tranquillità e poi mi avvio verso il tunnel. Ahi, c'è coda...
Avverto Raffaella e Stefano che difficilmente riesco ad andare a
mangiare con loro, ma poco male, ho anche bisogno di stare un po'da
solo, di mettere la testa a posto.
Arrivo a Chamonix, al parcheggio di
Brevent trovo un posticino tra un camper ed un furgonetto e mi
sistemo. Faccio un giretto in centro, tanto per sorbire un po'di
atmosfera, poi torno alla base, tiro fuori la sedia pieghevole e mi
faccio una bella cena tranquillo al lume di candela. Altro giro in
centro, ci sono di nuovo Roes e Dakota Jones, si stanno strafogando
al Midnight Express di sandwich sucidi, altro che dieta da atleta. Il
centro si spopola presto, sono tutti a cercare di fare l'ultima
dormita o già impegnati sul percorso, e dopo un po'di vagabondaggio
vado ad infilarmi anche io a letto, qualche pagina di libro, un po'di
musica e gli occhi si chiudono.
Mi sveglio con il sole a darmi il
buongiorno, mi stiracchio, metto su il tea e penso che forse le
previsioni sono sgarrate. Poi mi ricordo dell'anno scorso con sole
incredibile e poi disastro, e concludo che è meglio non pensarci e
quello che sarà prenderemo... Basta che non la annullino! Mi avvio
verso il centro, ci sono gli arrivi della TDS, mi metto ad applaudire
ed incitare ed incrocio Raffaella e Stefano. L'altro Stefano sta
venendo su, ci diamo appuntamento per fare pranzo insieme e poi
decido di tornare alla macchina per non consumarmi stando in piedi
tutto il giorno. Mi sdraio, mi rilasso, cerco di bere per idratarmi
bene e ad un certo punto arriva un sms: è dell'organizzazione, mi
ricorda terribilmente quando l'anno scorso ho aperto il telefono ed
avvisavano del cattivo tempo. Ma qui la sostanza è ancora diversa:
partenza rinviata alle 23:00 per cercare di evitare che la
perturbazione in passaggio verso serata ci tocchi troppo, per
l'indomani invece danno bello.
Ok, poco male, per me onestamente non
cambia molto, tanto due notti fuori le avrei fatte comunque: la
prendo come un occasione per riposarmi ancora.
Intanto Stefano è arrivato, andiamo a
mangiare, facciamo ancora due passi e due parole e poi ci ritiriamo
ciascuno nella propria macchina a cercare di dormire.
Ma il sonno non arriva, riguardo un
po'le carte, un po'il percorso, poi mi chiama Maria Carla, sta
seguendo la CCC e mi aggiorna sui passaggi, Fulvio sta andando
benissimo, pare ci sia stata qualche deviazione di percorso a causa
del maltempo. Effettivamente anche qui si sta annuvolando, per ora
niente pioggia, ma non promette niente bene. Vado circa 10 volte al
bagno, forse tra acqua, Green Magma e semi di lino ho idratato pure
troppo! Alle sei io e Stefano andiamo a consegnare i sacchi per
Courmayeur, ultime decisioni e via. Fa strano pensare che in questo
momento dovremmo essere lì pronti a partire, io ho un po'paura che
la gara venga fermata o cancellata, ma siamo in ballo, bisogna stare
concentrati e non lasciarsi traviare. Stefano va a mangiare con la
dottoressa e l'altro Stefano, io mangio l'ultimo pasto tranquillo in
macchina, cerco ancora di stare sdraiato un po' e verso le nove e
mezza non ce la faccio più ed inizio a preparare tutto: faccio per
l'ultima volta lo zaino, infilo in fondo la roba più assurda (guanti
di lattice, sovrapantaloni, benda, corsari) sopra quella che
verosimilmente potrei necessitare (capilene 3 per il freddo, frontale
di riserva), sul davanti metto i gel, le pastiglie di Nuun, il
telefono ed il bicchiere. Riempio il Camel con solo un litro d'acqua
e Nuun. E'stipato per bene, ma sono soddisfatto: rimane piccolo,
agevole da mettere e togliere e funzionale. All'ultimo, spaventato
dalle previsioni di neve (!!!) infilo sopra a tutto ancora una maglia
termica della Odlo che l'hanno scorso mi aveva scaldato nel momento
più difficile. Poi mi vesto io: pantaloncini e maglietta e sopra
giacca simil softshell leggera con cappuccio, prototipo allungatomi
da MC. Crema allo zinco sui piedi, Bodyglide tra le cosce e decido di
non mettere tape sulle dita. Alla fine ho optato per le Cascadia, ho
lasciato le Masochist nel sacco di Courmayeur. Sono le undici meno
dieci, busso al finestrino a Stefano e ci avviamo sotto la pioggia
verso la partenza. Gente, parenti, tutti con i cappucci tirati su,
sembriamo un'armata multicolore. Noi cerchiamo di ripararci un po' a
fianco della pasticceria St Hubert dove incontriamo anche uno dei
Ferrero Bros. Due parole poi ci avviamo verso il fondo del plotone.
Ancora una telefonata di Maria Carla che mi riempie il cuore e
praticamente ci siamo: sarà la pioggia, sarà il buio, ma non è un
momento così epico, anzi. Bisogna stare attenti a non essere
infilzati da bastoncini vaganti e fino all'uscita da Chamonix siamo
schiacciati come sardine.
C'è gente che corre decisa, sono un
po'perplesso ma alla fine anche io ho voglia di levarmi un po'della
lunga attesa di dosso e così corricchio anche io più forte di
quanto dovrei. Serie infinita di sorpassi, ma il sentiero è davvero
fangoso, ora piove deciso. Sto bene e non ho freddo nonostante quasi
tutti siano completamente vestiti ed io in shorts; appena la
situazione diventa gestibile butto giù il primo di una lunghissima
serie di gel e siamo al ristoro di Les Houches. Non c'è motivo di
fermarsi già qui e così vado dritto, facendomi venire anche il
dubbio di aver saltato la rilevazione cronometrica: il cervello
inizia a fare strani scherzi, ma la prendo sul ridere.
Passiamo il paese e finalmente si sale:
siamo su una pista da sci bella ampia, c'è spazio per sorpassare un
po'di gente, ma tendenzialmente vanno tutti spediti. Salendo la
temperatura si fa fresca, decido di fermarmi un secondo e mettermi i
guanti, la giacca è fradicia. La discesa è già in condizioni
indecorose: fango, acqua e circa 1000 persone davanti che hanno
arato. Cerco di stare in piedi, accorcio i passi e tutto sommato
vado. Anzi, mi sembra di andare anche qui fin troppo forte.
La discesa finisce, e finalmente siamo
a Saint Gervais, riconosco la chiesa dai video degli anni passati, ed
appena arrivato in piazza un ragazzino di 11/12 anni mi chiede cosa
voglio e se devo riempire il Camelback: piove a dirotto e , sarnno le
due, mi commuovo e lo ringrazio per l'aiuto. Gel, poi mi dirigo verso
la pasta in brodo che l'hanno scorso mi aveva tenuto tonico per tutta
la CCC. Quest'anno, chissà perchè, ha un gusto diverso, non riesco
a mandarla giù e così la abbandono con dispiacere, era il mio
“comfort food”. Si sale per prati e bosco, c'è più di un tratto
in piano dove mi chiedo se devo correre o iniziare a camminare,
davanti a me due spagnoli che spingono... Belin, non mi starò
ammazzando? Poi ci penso e dico che piove, fa freddo e che se adesso
ne ho tanto meglio, inizio a fare km, quando arriverà il down sarò
già più avanti. Smetto di pensare all'orologio se non per darmi la
scadenza con i gel e finalmente mi rilasso, nonostante la pioggia e
la nebbiolina rendano l'oblò di luce della frontale ancora più
alienante, sto entrando davvero nel viaggio. Usciamo dal bosco, siamo
sull'asfalto che sale e finalmente Les Contamines. Al ristoro bevo
una Coca e forse mando giù un pezzo di pane, ma cerco di evitare i
solidi, sto tenendo bene la strategia del gel ogni 45 minuti e
fisicamente sono ok, di stomaco anche. Via la giacca, via la
maglietta Capilene fradicia, metto la termica della Odlo asciutta ed
è tutto un'altro mondo nonostante la giacca sia zuppa (forse era più
sensato mettere il guscio vero e proprio, ma va bene così). Riparto
con fiducia, lascio andare il passo ed in poco tempo siamo a Notre
Dame de la Gorge e mi accorgo che finalmente la pioggia ha smesso,
che sollievo, si vedono addirittura un po'di stelle! La frontale
inizia ad illuminare la prima vera salita, il fascio di luce
finalmente nitido non deve combattere con la pioggia. Trovo due
Aussie che hanno un bel passo, cerco di stargli dietro ed arriviamo a
La Balme. Che bellezza, c'è un fuoco con intorno un po'di gente che
si scalda, io riempio il Camel, riprovo con la pasta in brodo, ma
proprio non mi va. Pazienza. Gel, Coca Cola e riparto contento perchè
finalmente la pioggia ci lascia in pace.
Il sentiero è buono, anche perchè
salendo invece del fango troviamo addirittura un po'di neve quà e
là. La salita è dura e si fa ancora più ripida verso la sommità,
ma come spesso mi capita, in salita riesco a trovare un passo
efficiente, e mano mano che si sale mi accorgo che per terra ora c'è
davvero la neve fresca. Il sentiero è molto tecnico ma ora spiana un
po': in distanza il bagliore dell'alba dipinge quello che forse è il
momento più incredibile di tutta la gara. Sono le 4 del mattino ed
io sono a 2500 metri con 10 cm di neve in un ambiente incredibile con
il sole che sta sorgendo: ci guardiamo stupefatti tra di noi e mi si
chiude lo stomaco al pensiero di quanto sono fortunato a poter
osservare questo spettacolo, ma non ho tempo di ricamarci sopra
perchè inizia la discesa. Finalmente levo la frontale e cerco di
scendere in maniera decorosa; so di essere piuttosto lento in
discesa, qualcuno mi passa, ma qualcuno lo recupero, il ginocchio
tiene bene ed ogni tanto mi lascio andare. Finalmente facciamo lunghi
tratti in solitudine, mi fa impressione aver fatto 50 km su sentiero
con sempre una fila di gente davanti e dietro! Pausa per necessità
di forza maggiore da 20 secondi circa e via. Alla fine si vede in
fondo alla valle dei segnali di civiltà, ho un attimo di
smarrimento, ma so che la prossima salita dovrebbe essere quella che
ci porta in Italia: ok, capito, siamo a Les Chapieux. Arrivo al punto
di ristoro, dietro di me Carly, la moglie di Hal Koerner che in
salita avevo passato, si vede che in discesa ha tirato deciso. Coca
Cola, gel, acqua nel Camel e decido di levare la giacca, rimettendo
sopra la termica la maglietta bagnata, ma appena uscito (dopo
controllo del materiale) mi accorgo che fa ancora freddo, e così
dopo un po'rimetto la giacca su. Si sale per asfalto, un po'corro un
po'no, poi capisco che è meglio se cammino spedito senza farmi
prendere da isterismi. I quadricipiti iniziano ad essere segnati, ma
ricomincia la salita tosta. Trovo il ritmo giusto e qui inizio una
serie di bei sorpassi che mi mettono di buonumore, il cielo è chiuso
e addirittura inizia a nevischiare mentre ci avviciniamo al Col de la
Seigne, io ho ancora su i pantaloncini, freddo non ho e sto
continuando a salire forte: anche per questo mi sorprendo quando un
ragazzo con passo leggerissimo mi passa a velocità doppia. Lo guardo
ed è Ale Montani, un bravo trailer di Genova. Mi faccio riconoscere
e scambiamo due parole, ma va davvero troppo forte e lo devo lasciare
andare; mentalmente mi chiedo se non ho dato troppo, Ale è forte
davvero, essere vicino a lui è segno che sto esagerando: e difatti
quando mi ha passato sembrava un missile.
Gli ultimi tratti prima del colle li
affrontiamo nella bufera vera e propria: gli addetti al controllo
sono imbacuccati in piumini e scarponi, forse dovrei prendere i
guanti, ma qui in cima è impossibile, scendo un po' e mi accorgo che
di là la situazione è decisamente migliore, si intravede
addirittura il sole. Per scendere al lago sono cinque chilometri in
cui si può decisamente spingere. Il sole inizia a scaldare un
po'l'aria e stiamo per entrare in Italia, mi sento bagnato, sudato,
sporco e cattivo, ed inizio a pensare a Courmayeur e l'opportunità
di risistemarmi un po'.
Ma la strada è ancora lunga... Dal
ristoro del lago Combal c'è un bel pezzo in piano dove corro
tranquillo, poi ricomincia la salita. Appena prendiamo quota riprende
anche un leggero nevischio: al ristoro ho levato la giacca, non ho
voglia di rimetterla adesso, guardo avanti per vedere come sono le
condizioni che ci aspettano e finalmente mi rendo conto di avere a
fianco a me il Monte Bianco e davanti, la Val Ferret illuminata dal
sole che si stende in tutta la sua bellezza.
Il telefono suona, è un
messaggio di mio papà che mi aggiorna su tempo e posizione dicendomi
che sto andando benissimo, poi uno di Maria Carla che mi dice che sto
andando così bene che non sono riusciti ad arrivare in tempo a Lac
Combal. Sorrido e accellero ancora un pochino per levarmi dall'ultima
salita al Monte Favre prima di lanciarci su Courmayeur.
Finalmente il sole, ora si suda
davvero, in discesa inizio a sentire i quadricipiti lamentarsi, ma
siamo al Col Checrouit: l'atmosfera è bellissima, relax, prato
verde, tavoloni di legno, ci sarebbe da fermarsi per mezza giornata,
altro che pit-stop. Però la voglia di arrivare a Courmayeur è
tanta, e così dopo un breve ristoro riparto. Il sentiero si fa
presto ripido, fino a diventare veramente duro tra continui
tornantini, i quadricipiti già provati stanno esplodendo, cerco di
tenere un andatura decorosa ma non riesco, molti mi passano ed ho
paura che sia arrivato il mio momento di crisi. L'arrivo in paese
però mi galvanizza, quasi come se al ristoro mi aspettasse una
pozione magica che mi permetterà di riprendere come se nulla fosse.
Si arriva vicino al palazzetto, un
addetto legge il tuo numero e lo comunica via radio, appena giro
l'angolo c'è già un benevole con la mia sacca.
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