UTMB 2011 - Parte seconda


Ed ecco la seconda parte, eravamo rimasti a Courmayeur con quadricipiti demoliti e stato di vaga incoscienza da assunzione prolungata di caffeina...


“Hai assistenza?” “Boh, non so, forse si, ma non so se sono qui” “Vabbè siediti qui tranquillo, se ci sono vengono quà” e così mi metto sulla panchina, tiro il fiato, e con calma inizio a cambiarmi maglietta, risistemarmi un po'i piedi, cambiare calze e mettere le Montrail, nel frattempo bevo un po'di acqua e glucosio e sali che avevo nella sacca e rifaccio lo zaino con la giacca asciutta ed i gel per la seconda parte. Davanti a me siede Byron Powell, il ragazzo che cura il sito Irunfar, parlottiamo di gusti dei GU, mi offre di assaggiare i suoi, gli chiedo come stanno andando gli altri americani e scopro che c'è stata una vera e propria strage: Roes, Jurek e Dakota Jones ritirati, così come Joe Grant per infortunio, Krissy Moehl in crisi. Evidentemente le condizioni sono state dure per tutti.

Io... insomma, sto abbastanza bene. La maglietta pulita e la roba asciutta mi rimettono in sesto, lo stomaco va bene, e così per cercare di dargli qualche problema mi prendo un piatto di pastasciutta al pomodoro, tanto per mangiare qualcosa di solido. Sensazione orribile: Davide, avevi un piano, funzionava, portalo fino in fondo senza cambiarlo.

Esco, le gambe sono legnosette ma sono pieno di buona volontà, ed in più mi viene incontro l'amico Marco con la sua ragazza Cristiana: che piacere, è la prima faccia amica che vedo e mi si apre il cuore. Marco mi accompagna fino all'inizio della salita al Bertone, davanti alla chiesa Silvano mi intervista al microfono, chissà che castronerie devo aver tirato fuori.

La salita è dura, tornanti continui su pendenze decise, la pasta è lì ferma sullo stomaco, la fatica inizia a farsi sentire, ma il pensiero che su dovrebbero esserci Maria Carla e suo fratello mi spinge, tengo il mio passo, recupero qualche posizione ed in generale cerco di non mollare con la testa, finche il bosco non finisce e sento qualcuno che mi chiama: finalmente Maria Carla. Mi dice che sto andando deciso, che mio papà, a casa davanti al computer, è preoccupato perchè sto andando troppo forte, ma che lei mi vede bene (ok, a questa non le ho creduto) e comunque facciamo due parole tranquilli, mangio un gel, bevo Coca Cola e un acqua tonica che ha dietro e lo stomaco va a posto.

Finalmente la mia crew!

Mi sarei fermato tutto il pomeriggio.
Riparto e so che il tratto che mi aspetta è micidiale, potrei correrlo tutto fino all'attacco della salita al Col Ferret se ne avessi, ma le gambe fanno male davvero. Però mi sforzo, stringo i denti, cerco di trottare pensando che con gli accorciamenti oramai ho passato la metà. Poi se arrivo a Champex, di lì è tutta salita dura o discesa, non ci sarà più tanto da correre... Mentre faccio tutti i miei calcoli squilla il telefono. Messaggio. La gara è stata dirottata, non faremo più la mia salita preferita ma andremo fino a Martigny: totale, 170 km e 10.000 metri di dislivello. Se dico che non ci sono rimasto male mento... Ma è davvero questione di un attimo, alla fine bisogna solo stringere i denti, vorrà dire che sarà l'edizione più lunga dell'UTMB ed io la porterò a termine in un modo o nell'altro. E'un'altro dei momenti cruciali della mia gara, un'altro interruttore che scatta. E dopo qualche chilometro incontro anche Fabio Menino e sua moglie, parliamo un minuto e mi dà una bella carica, riparto con il sorriso sulle labbra pronto a dare tutto. Al Bonatti mi fermo appena un attimo, poi riprendo con passo lento ma continuo verso l'Arnuva dove arrivo alle tre e venti. Mi dico di stare tranquillo, mangiare il mio gel e uscire piano ma mantenere un passo continuo, questa è la mia salita preferita, sono a pezzi, ma devo arrivare su bene, dopo mi aspetta la discesa infinita. E difatti in un oretta e venti sbrigo la pratica con un passo da avvoltoio, “mangiando” una quindicina di persone. Il paesaggio è splendido, davanti a noi si apre la Svizzera ed inizio a scendere piano: i quadricipiti sono andati, i piedi iniziano ad avere problemi, ma siamo a quota 100 km, direi che ci può stare. Fino a La Peule riesco a difendermi, poi il sentiero diventa nervoso, c'è del saliscendi e perdo un po'di efficacia. Mentalmente sono un po'provato, non riesco ad appoggiare bene e sul ripido patisco, decido a La Fouly di prendermi un po'di tempo per ricompormi. Finalmente ci arrivo, prendo qualcosa da mangiare di solido (pane e forse un pezzo di formaggio, più parecchia Coca Cola). Levo lo zaino e mi concedo una telefonata a mio papà per tranquillizarlo. Gli dico che sto bene, che adesso recupero un po'le forze e rallenterò, lui mi dice che al Col Ferret ero 132mo. Gli chiedo se è sicuro di quello che dice e mi conferma che è così, ora ho capito perchè è preoccupato. Mi rialzo e qui le gambe non rispondono più: scambio due parole con Andrew, un inglese con cui ci siamo già sorpassati due o tre volte da stamattina. Anche lui gambe fottute, ci facciamo due risate e proviamo ad incamminarci sul sentiero in lieve discesa. All'inizio sembriamo due menomati, ma almeno ci distraiamo un po'. Si parla del più e del meno, gli impresto il telefono per avvertire la famiglia dei cambiamenti di percorso e ritardi vari e nel frattempo continuiamo a trottare, c'è un pezzo bellissimo nel bosco e piano piano ci stiamo quasi sciogliendo, arriva l'asfalto, ma tutto sommato non è male, sento che mi sto riprendendo.

Alla base della salita per Champex provo ad allungare un po'il passo, so che è una tappa importante, da lì in poi è dura, ma si inizia a parlare di ritorno a casa. Dopo due tornanti vedo davanti a me una sagoma conosciuta. Oh, ma aspetta un'attimo, quello è Hal Koerner, due volte vincitore della Western States. Lo affianco e lo saluto, lui è gentilissimo, mi dice di essere andato in crisi totale, ma nonostante tutto vuole arrivare alla fine, non importa quanto ci metterà. Mi dice di andare avanti che sto bene, gli rispondo che è la mia prima 100 miglia non voglio esgarare, ridendo mi dice che non potevo sceglierne una migliore. Lo lascio che si guarda il tramonto sulla valle dicendo che sono posti incredibili. Un campione, senza se e senza ma, il rispetto che sta dimostrando per la gara e per gli altri runners è incredibile. Riparto carico come una sveglia, insomma correre un pezzo di UTMB con Koerner è come fare due tiri a pallone con Xavi o Iniesta: mi divoro la salita a Champex, entro al ristoro bevo una Coca Cola e ne esco dopo un minuto, corro lungo il fiume ed ancora nel bosco.

Non sono manco le nove, dentro di me penso che è un peccato non salire alla Bovine, ma pazienza.

Poi la deviazione verso Martigny e l'inizio della discesa.

So di essere legnoso, ma stringo i denti, rimetto la frontale, il sentiero è orribile, ho la lucidità di fermarmi e levarmi le scarpe per togliere un po'di pietre, poi alcuni tratti con attraversamenti di strada e a volte qualche difficoltà a trovare lo svincolo giusto, ma tendenzialmente è tutto segnalato benissimo.

Sto faticando parecchio, ma penso che poi la risalità è il mio terreno, e l'ultima parte la conosco bene. Calcolo che Martigny dovrebbe essere lì in fondo, chiedo a due benevoles e mi dicono che mancano 15 km: no, ho capito male o si sono sbagliati, non è così. Ed è ancora discesa, sofferenza e il fatto di non conoscere il percorso mi stà un po'logorando. Finalmente arriviamo ad un paese e ricominciamo a risalire in mezzo ai vigneti. Ok, ci siamo, anche se la lunghissima discesa mi ha consumato, non sono brillante come prima ed anche in salita non sto più guadagnando tempo come prima. Poi il sentiero spiana, ad un certo punto si scende un po'. Sto perdendo un po'la testa, mi fa arrabbiare pensare di perdere dislivello quando dobbiamo salire a Forclaz. Raggiungo due ragazzi, uno mi chiede in francese se so dove siamo, gli dico che sono italiano e che possiamo parlare italiano. Secondo lui non siamo a Martigny, io gli dico figurati se non l'abbiamo già passata, ma il sentiero scende, scende deciso, le indicazioni non sbagliano. A farla breve, a Martigny ci dovevamo ancora arrivare, questa deviazione si sta rivelando malvagia. Al ristoro, finalmente, ci danno la conferma di essere ora a Martigny, e che la salita a Forclaz ci aspetta ancora tutta. Dramma psicologico, ma usciamo in cinque dalla tenda e piano piano ci mettiamo a macinare. Inizio a fare due parole con Gianluca, siamo tutti e due un po'in down ma almeno ci sosteniamo, piano piano iniziamo a salire e ci fermiamo a bere un caffè di fronte ad una casa dove hanno organizzato un piccolo ristoro, facciamo due parole con la gente che è lì e riprendiamo. Piano ma decisi, continui. Ci raccontiamo un po' della nostra storia, il sentiero è infame, orribile in mezzo a case e felci a fianco di un ruscello umidissimo, è mezzanotte ma ci rendiamo anche conto che insomma, se arriviamo a Trient l'arrivo è poi quasi lì... Che, oh, stiamo anche andando forte, “ma tu te lo immaginavi di stare mai nei primi 100 al Bianco?” “Ma che scherzi? Mai più!”. E così sbuchiamo sull'asfalto, arriviamo al colle e poi ci lanciamo nella discesa su Trient. Ancora prima di arrivare all'asfalto sento qualcuno che grida il mio nome, è Maria Carla! Entriamo in paese e ci fiondiamo nella tenda per l'assistenza. Non avrei bisogno di niente, ma cambio comunque maglietta, ricarico di gel, mangio anche due pezzi di torta, mi rilasso per bene con MC e Janpo e poi ripartiamo insieme a Gianluca. Maria Carla ci accompagna fino al sentiero, le gambe sono dure e secche, ma questa salita mi piace, con Gianluca ci intendiamo e alla fine raggiungiamo la fine dei tornanti, mi ricordo che c'è ancora un bel pezzo in falsopiano, come l'anno scorso c'è una nebbia assurda, ma alla fine si ricomincia a scendere e compare la tendina di Catogne. C'è il fuoco acceso, facciamo due parole con gli stoici benevoles e chiediamo in che posizione siamo: 70simi. Incredibile ma vero.

Qui il primo pezzo di discesa è brutto, con le gambe che non vanno più c'è da stare attenti, io specialmente. La discesa su Vallorcine è lunga, più di quello che ricordavo, ma piano piano arriviamo al bosco e poi finalmente agli ultimi prati ed al passaggio a livello. Entriamo nel ristoro e tutti i benevoles ed i familiari presenti ci applaudono: credo che difficilmente proverò una sensazione simile un'altra volta nella vita, mi vengono i brividi ancora adesso se ci penso. Ultimi aggiustamenti, mangio di nuovo un po'di torta, adesso gel o solidi fa davvero poca differenza! Usciamo dal ristoro e questa volta iniziamo a crederci anche noi, oramai Chamonix non è più così distante, a Maria Carla che ci accompagna per qualche metro posso finalmente dire “Ci vediamo all'arrivo!”

E così saliamo bene ai Montets, poi il rerouting ci evita la Tete aux Vents e ci fa scendere verso Argentiere. Io in discesa fatico un po', ma iniziamo a vedere il chiaro dell'alba che sta spuntando e alle sei siamo ad Argentière, ultimo ristoro, passiamo decisi, oramai vogliamo solo arrivare e levarci il dente, la famiglia di Gianluca ed Enrico con i suoi amici continuano ad incitarci.

L'ultimo pezzo lo patiamo un po', mentalmente siamo logori, le gambe sono a pezzi, qualcuno ci passa, ma adesso non conta proprio più, oramai dovremmo esserci ma continuiamo a salire, quando arriverà la discesa su Chamonix? Alzo gli occhi ed il sole sta illuminando il Dome du Gouter: credo che sia difficile immaginare una cornice migliore per il nostro arrivo, è tutto incredibilmente bello.

E ora ci siamo, si scende verso il paese, passiamo il ruscello, siamo sull'asfalto ed entriamo in paese. All'angolo del palazzetto vedo Ale Montani con famiglia e lo saluto, poi il lungofiume e finalmente in fondo a Rue Vallot c'è Maria Carla; non ci credo, ha in mano una bandiera di Genova!


Un ultimo sguardo a Gianluca, una pacca sulla spalla e mi preparo a gustarmi il momento, all'angolo prima dell'arrivo anche Andrew, l'inglese con cui ho corso fino a Champex e che mi ha poi ripassato dopo Argentiere, sono felice di vederlo lì. Poi il rettilineo, chiudo gli occhi e alzo la mia bandiera al cielo, ce l'ho fatta!


L'abbraccio di Maria Carla e di Janpo sono il premio più bello che ci possa essere, mi hanno davvero spinto fino lì, non riusciro mai a fargli capire cosa ha voluto dire il loro aiuto, forse solo quando toccherà un giorno a loro tagliare quel traguardo.
Un abbraccio anche con Gianluca, non so come sarebbero stati gli ultimi 40 km senza di lui, di sicuro molto meno divertenti. Ritiro il mio gilet e finalmente mi siedo, ma Maria Carla ha altri due premi finisher da darmi, sono le medaglie che hanno fatto le mie nipotine, me le metto al collo e non le mollerò più fino alla doccia.



Tenetevi il vostro gilet, io sono medagliato!
Mangio qualcosa, bevo un tea caldo: fa un freddo becco, ma io manco me ne accorgo, l'emozione, la stanchezza, mi ci vuole qualche minuto per abituarmi. Chiamo mio papà che è felicissimo, mi ha sostenuto sempre, in questa gara come nella vita, ma da vecchio ultramaratoneta, lui può davvero capire come mi sento in questo momento, e poi finalmente doccia. Le gambe sono dure, ma tutto sommato sono ok. L'acqua mi leva un po'di stanchezza, con lo sporco se ne vanno i pensieri ed i mille calcoli e controcalcoli che mi hanno accompagnato, finalmente rimane solo la soddisfazione di aver finito. E bene: 32 h 14 m 02 s, sono 73mo, non ci credo ancora, per me era incredibile pensare di scendere sotto le quaranta ore, invece ho scoperto risorse che manco io pensavo di avere! C'è tempo per la colazione, con l'amico Sergio che ha fatto una prestazione mostruosa eppure è lì a complimentarsi con me, la sua modestia mi stupisce sempre, la sua ragazza Alessandra addirittura entra in mensa per farmi i complimenti anche lei: persone eccezionali.

Il mio compagno di merende Gianluca
Poi ci mettiamo al sole sul lungo fiume a vedere gli arrivi e ad applaudire, ad un certo punto mi addormento praticamente da seduto... Che bello starsene sdraiati al caldo! Mangiamo un panino ma mi si chiudono davvero gli occhi ora, mentre aspetto Maria Carla che è andata al supermarket a comprare una bottiglia d'acqua mi addormento di nuovo su una panchina. Così andiamo a prendere le macchine e Maria Carla e Janpo (che comunque sono svegli anche loro da 36 ore...) devono guidare fino a casa. Una nuova doccia e poi filo a letto... Sogno ancora di correre, sono ancora agitato. Poi alle sette mi risveglio, le telefonate degli amici, i messaggi che arrivano, mangio qualcosa e poi ritorno a letto a dormire.

Lunedì mattina decido di prendermi la giornata. Scendo le scale piano, ma a parte le cosce il resto funziona bene. Colazione e piano piano rimetto a posto la roba, sistemo qualche mail di lavoro, guardo un po'i risultati... Inizio finalmente a pensare a cosa ho fatto, a ricordare momenti, sensazioni e soprattutto gli incontri di questi ultimi giorni. La partenza con Stefano, Ale che mi passa verso il Col de la Seigne, Marco a Courmayeur, finalmente vedere Maria Carla e Janpo al Bertone e poi a Trient e Vallorcine, Fabio all'Arnouva, Andrew a La Fouly, Koerner a Champex e Gianluca a Martigny, l'arrivo e l'abbraccio con Maria Carla... Come tanti benevoles o altri corridori con cui abbiamo scambiato due parole... Tutte storie diverse che per due giorni girano intorno a quella montagna. Ciascuno di loro ha avuto qualcosa da dare, io in questi due giorni ho preso tanto: spero un giorno di poter ricambiare, perchè la gioia di quell'arrivo, non ha prezzo.

Dopo 32 ore di pioggia, freddo, neve, sporco, salite, discese, disperazione, risate ed emozioni, potrebbe venirvi un sorriso ebete così. Attenzione, è difficile da mandare via...

Comments

  1. Woohoo! You've got one of the only pictures I can find of me from last year's UTMB. I'm in the lefthand corner of the refugio (after Courmayeur) photo.

    Great meeting you on the course. See you in Squaw Valley in June.

    Congrats again on the finish. Your post is a reminder that I must return and complete this great challenge.

    Happy trails,
    Bryon

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    1. Thanks Byron

      It was great for me too to have a little chat in Courmayeur, it eased the stress and fatigue.
      You definitely have to come back and finish the job...

      Looking forward to see you in Squaw Valley, in the meantime I'm studying your posts regarding training, kit and strategy for WS!

      Ciao

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  2. Bel racconto, good story!

    Direi che alla WS100 hai le carte per giocartela bene.

    ciuao,
    Dieg

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    1. Grazie Diego

      Sei tu che mi hai "provocato" a scriverlo :-)

      In bocca al lupo anche a te, vedrai che comunque vada sarà un esperienza unica!

      Davide

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  3. Complimenti Amico .. per tutto .. per il tuo UTMB,per il tuo carattere,per come la vivi, ed è bello leggerti..

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  4. Grazie socio, sei uno tra i "complici" quindi hai la tua parte di "colpa"...

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